29.4.14

Racconti di Pietroburgo, Nikolaj Gogol’

Racconti di PietroburgoRacconti di Pietroburgo di Nikolaj Gogol'
3 di 5 ★

Fantastico e grottesco nell’invenzione della trama, ma estremamente realista nella messinscena. Sfociando quasi nel documentaristico e subordinando l’economia della prosa a tale intento, Gogol’ si perde qualche volta nelle descrizioni, allontanandosi continuamente dal punto di partenza fino a fare di questo difetto una cifra stilistica. Forma estetica a parte, la caratteristica che lega i cinque racconti, uniti in raccolta solo dopo la morte dell’autore, è la triste ironia, l’amara satira che in maniera sempre delicata, mai troppo esplicita, circonda ogni personaggio e ogni descrizione, permea l’intero testo in ogni frase. Una continua, instancabile critica alla Pietroburgo del tempo, che diventa il simbolo del lento decadimento (la mediocrità, la povertà morale, la volgarità definite dalla parola russa pošlost) dell’umanità tutta, strangolata dall’egoismo. Un egocentrismo totale che si avvolge a spirale intorno ai protagonisti di queste storie. Se Kafka affoga i suoi personaggi nell’oceano confuso della burocrazia, Gogol’ li schiaccia sotto il peso del rango sociale, che fa sentire doppiamente la propria influenza: in maniera diretta attraverso il potere di chi è di grado maggiore e, anche più, in maniera indiretta nel tramite della tensione al miglioramento della propria posizione. Non c’è compassione in Gogol’, perché non c’è speranza che possa dare senso alla pietà. Rimane solo la satira, che chiude perfino la disperata vicenda di Akakij Akakievič che anche dopo la morte tenta di realizzare il suo unico desiderio di rivincita sociale.

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