3.10.10

La versione di Barney

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Questa è una recensione un po’ strana, che capirà solo chi ha letto il libro da poco o ha buona memoria. Ho cercato di scriverla in modo simile al libro, mescolando e riproponendo parole, frasi e avvenimenti tratti da esso. In ogni caso, se non avete letto il libro, non proseguite, spegnete il computer, andate subito in libreria e compratelo!
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Non so cosa vi abbia detto quello shmuk di McIver, ma vi assicuro che questo è proprio un bel libro. Certo un’autobiografia del disonorevole Barney con la sua vita dissipata, i suoi soldi e le sue bevute potrebbe essere una vaccata imbarazzante, e invece non lo è, non come gli esordi di Flaubert, avete mai letto Rabbia e impotenza? Aveva quattordici anni* all’epoca, non sessantasette come il nostro mensh, ma tant’è… Barney è riuscito a scrivere un gran bel libro e allo stesso tempo farmi ridere, cosa non semplice se penso alle mie notti depresse a bere da Dink’s. Proprio l’altra sera c’ho incontrato la mia professoressa di inglese, quella delle medie che mi introdusse alle arti copulatorie e che adesso è vecchia e ha l’Alzheimer, cosa ci faceva da Dink’s ancora me lo sto chiedendo. Indossava una ridicola maglietta rosa con il disegno di uno dei sette nani, com’è che si chiama… non lo ricorderò mai… ah sì, Pisolo, tiè! Il bello di queste memorie di Barney è che si capisce che dietro al farabutto, dietro ogni farabutto del mondo c’è sempre qualcosa di meraviglioso. Come l’amore infinito verso i figli e l’ex moglie Miriam che riempie di dolcezza tante pagine macchiate di Macallan e cenere di Montecristo. O l’incapacità di provare vero odio perfino verso l’arcinemico McIver. In fondo come dico sempre io, e Barney sarebbe d’accordo, “bisogna sempre perdonare i propri nemici. Niente li infastidisce di più”**.

Mannaggia, mannaggia, mannaggia, mi manca quello scemo di Barney!

*In realtà erano quindici.
**Sarebbe anche stato d’accordo, ma la frase è di Oscar Wilde.

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