3.10.10

Il vagabondo delle stelle

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Un romanzo che ha lo spessore e la forza che pochi altri hanno. Ricorda in tal senso, oltre che nella trama, Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut. Quando si legge opere del genere si ha la consapevolezza di essere di fronte a qualcosa di importante, forse proprio all’Esperienza, che infiamma le mani dello scrittore e incarna, inscena, inchiostra monumenti di Vita. E c’è tanta vita nonostante le tante morti narrate da Il vagabondo delle stelle.
È un libro in cui c’è di tutto: molto raccontano le tante avventure vissute in tempi antichi dallo spirito del protagonista, ma ancora di più ci è messo sotto gli occhi dalla singola vita del condannato. È un libro che parla dell’insignificante prestazione dell’uomo sulla terra, così arretrato e incivile, così ingenuo da non capire i limiti dell’individuo e del reale e sottomettere ad ulteriori prigioni e percosse tale omuncolo, già relegato al suo piccolo corpo nel suo piccolo Tempo. Quest’uomo che è ugualmente incosciente anche della propria minuscola realtà, come i cittadini che ignorano le torture praticate dai carcerieri e come i carcerieri che ignorano quanto superflue siano queste sofferenze per il protagonista. È un libro che parla della insensatezza della pena di morte, della crudeltà di cui è capace l’essere umano, dei sentimenti che lo animano e perfino del voyeurismo e dell’invadenza della stampa. Incredibile quanto sia attuale questo romanzo pubblicato nel 1915. Impensabile che a distanza di tanti anni, dopo due guerre di proporzioni mondiali e numerosissime altre carneficine, non abbiamo capito nulla. E siamo ancora qui, tali e quali, ad assistere alla pena di morte, alle torture e alle guerre.

La recensione potrebbe finire qui, col punto al posto giusto, ma ci sono alcuni aspetti negativi nel libro su cui non si può sorvolare. La struttura impostata dall’autore e riassumibile come prigione-vita passata-prigione è troppo ripetitiva e toglie gusto alla lettura. Inoltre la stessa reiterazione di parole e frasi, tanto usata da London e che nei primi capitoli sembrava una buona scelta stilistica diventa poi sovrabbondante e fastidiosa nel prosieguo. Infine, non mi è piaciuta l’enfasi data alla figura della donna, inserita male stona con il resto, sembrando quasi un’idea dell’ultimo momento.
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Ode all’immortalità di Wordsworth, citata all’inizio del libro e importante fonte d’ispirazione.

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