30.6.09

Il castello dei destini incrociati

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Non mi ha convinto molto. Dei libri di Calvino che ho letto è secondo me il peggiore. Il Castello riuscito nel suo aspetto compositivo non è molto interessante in quello narrativo. La Taverna che è più interessante sotto certi punti di vista nel contenuto, riduce i Tarocchi a pura ispirazione visiva quasi annullando l’intento combinatorio. A questo fallimento Calvino si aggrappa per portare avanti l’allegoria che aveva iniziato col Castello: da una parte la vita e gli accadimenti, dall’altra il Caso che scompiglia il corso degli eventi come fanno le mani sui tavoli della magione e della cantina. La sintesi del discorso è nella storia Anch’io cerco di dire la mia in cui Calvino quasi dimentico dei Tarocchi si lascia andare ad una lunga digressione (che in quanto tale è un po’ fastidiosa) sul compito e la natura dello scrittore, colui che mette ordine al caos della vita senza senso, i cui sensi sono quelli che ognuno di noi dà cercando la giusta interpretazione, o semplicemente una delle tante possibili. Digressione che pare essersi rivelata a Calvino, nel momento della scrittura, come ultimo e vero significato di questo esperimento letterario, fagocitando l’intenzione iniziale e vomitando sul foglio un’acerba e profonda riflessione personale, in alcuni punti poco comprensibile.

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