20.8.08

Firmino, Sam Savage

Immagine di Firmino

Un libro che nasce da una buona idea di base, ma che non riesce a svilupparla come si deve.
Firmino è un personaggio cinico, sfigato e un po’ cattivo: cosa che lo rende interessante. Allo stesso tempo, però, la narrazione di Savage non permette di identificarsi col protagonista e risulta addirittura un po’ noiosa dopo i primi capitoli (e insopportabile quando si rivolge direttamente al lettore).
Affascinanti alcune riflessioni, principalmente legate alla condizione di solitudine del ratto. Se ci si aspetta di leggere un libro che parli dell’amore per la lettura, è meglio prepararsi ad una delusione.
Più che di tale passione, si parla, in Firmino, della condizione dell’uomo in rapporto alla società e a sé stesso: la maschera dietro la quale siamo disposti a nasconderci pur di trovare conforto e supporto nel prossimo, il lato egoista che portiamo dentro, la disfatta e la felicità (ma non quell’allegria senza ombre, scintillante, dei vecchi tempi al negozio di libri. […] un tepore più soffuso, crepuscolare).
Un topo amante delle parole che è privo della capacità di parlare e scrivere è un’ottima occasione per portare la narrazione nei labirinti dell’immaginazione e vagare tra le siepi dei ricordi e dei sogni ad occhi aperti. Savage ci prova, tra cinema e letteratura, ma non riesce. Non appassiona. Non ha il coraggio di affondare la penna verso una direzione precisa, preferisce attenersi all’apatia del personaggio da lui creato.
Consiglio ad ogni modo la lettura, perché sebbene in modo claudicante (come Firmino o Jerry) sa donare qualche pagina che rimane nella mente e qualche volta nel cuore («Arrivederci, zip»).

Per chi fosse interessato, Sam Savage è stato accusato di plagio dall’autore (italiano) de La bibliotecaria. Trovate ulteriori informazioni QUI. Per chi fosse interessato, la Fanucci ha ristampato il volume.

Nessun commento: